Il 7 novembre 1865, a mezza notte meno dieci minuti, la slitta fu tratta fuori dall'alcova di Cesara per volare sulla strada di Killaem.
La notte era scura, la neve cadeva a polvere gelata, non una voce nell'aria, non una creatura vivente svegliata; io udiva il cuor di Cesara palpitare. Le detti il secondo bacio, dopo il primo che le presi, quando suo padre me la confidò come sorella. Non proferimmo una parola. Solo, a due o tre verste fuori di Jakutsk, Jodelle cantarellò: Malbrouk s'en va-t-en guerre! La mia iliade, una delle più drammatiche della vita di un uomo, cominciava.
VIII.
- Padrone, toyone, mi dimandò Metek, il Jakuto, ove bisogna dirigerci?
- Al golfo di Anadyr.
- Quale via volete seguire, la più corta o la più sicura?
Se io fossi stato solo, non avrei esitato un secondo a rispondere: La più corta. Ma io era risponsabile della vita di Cesara. Risposi:
- La più sicura, ma altresì la più corta possibile.
- In questo caso, bisogna seguire la strada del Governo, riprese Metek, per Verkho-Jansk, Baralasse, Jobolask, Zakiversk, Saradakhsk, Srednè-Kolimsk.
- No no. Io amo visitare l'interno della contrada, poco esplorato, poco noto.
- Sta bene, ma siccome non abbiamo sufficienti provvisioni, siccome non troveremo ogni dì una volpe, una renna, un orso, un uccello di buona volontà che voglia servire ad accomodarci un desinare; siccome le notti sono fresche, ed i lupi potrebbero provare una troppo forte tentazione alla vista delle nostre belle renne, così noi non volgeremo il dorso, quando si può, alla yurta dell'indigeno, che ci offre l'ospitalità.
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