Avventuroso rinforzo! cinque giorni dopo, entrammo nel letto dell'Arga. La sera, accampammo sul confluente orientale del fiume, in una yurta di cacciatore Jakuto con la sua famiglia.
Questa famiglia componevasi di cinque individui. Egli è impossibile imaginare alcun che di più miserabile, di più screpolato, di più stomachevole di questa dimora e di questi individui. Il cacciatore aveva avuto il suo cane divorato da un lupo. Le sue lunghe corse erano dunque adesso spessissimo infruttuose. La piccola cacciagione, rarissima ancora, non poteva bastare a nudrir quella gente. Le giovanette portavano una specie di astuccio di pelle d'orso in lembi. La madre, scarna, squallida, cogli occhi stralunati di fame, somigliava a bestia feroce, anzi che a donna. L'uomo soccombeva sotto il peso della rassegnazione, delle privazioni, dei gemiti di questi esseri affamati. Io diedi loro un po' di pesce secco. Metek sospettò di quegli sventurati, cui la fame poteva cangiare in assassini. E' fumò tutta la notte, fuori della yurta, a guardia delle renne e della slitta. Il dì seguente, cominciammo a discendere l'Arga.
Il vento era violento. Eravamo al 15 dicembre. Il freddo si era un po' calmato. Il letto del fiume, ora incassato fra due alti margini, ora a fior di terra, in una steppa immensa che saliva verso il nord, non offriva accidenti insormontabili. Avanzavamo quindi in media da sette ad otto chilometri l'ora. Ad un sito, ove il fiume faceva gomito, ci arrestammo per lasciar pascere le renne e preparare il nostro desinare.
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Arga Jakuto Arga
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