Bisognollo nondimeno. Solo, procedevamo più lentamente.
Ci fermammo due giorni per far riposare la nostra muta, regalandoci della carne squisita dell'alce. Poi rimontammo la Moma; e dopo un giorno di viaggio voltammo la corrente a sinistra.
Dinnanzi a noi spiegavasi, a perdita di vista, a destra ed a sinistra, una bastionata di montagne, della forma presso a poco simile alle mezze lune delle piazze forti. Il versante ovest rizzavasi quasi a picco davanti a noi, in distanza, mentre i versanti nord ed est si abbassavano, e disegnavano come delle vallate alberate. Risalivamo la corrente. La superficie della neve gelata era increspata sotto il soffio del vento, che l'aveva agitata quando cadeva. Procedevamo quindi con infinito disagio. Una burrasca secca, che sollevava la neve, ridotta ad un polverio di punte acuminate, ci tagliava la faccia, e percuoteva i fianchi. Le renne non ne potevano più. Io apriva ad ogni momento le store della slitta, perocchè avevo notato una specie di inquietudine sul sembiante di Metek, il quale si volgeva, e guardava indietro. Egli incoraggiava più che mai le renne a correre, col suo lungo scudiscio armato di spuntone.
- Cosa c'è dunque? dimandai io, alla fine.
- Guardate! rispose Metek.
Sporsi il capo fuori della slitta, e vidi tre lupi, a due trecento metri di distanza, seguirci tristamente. Avevano le code abbattute, le orecchie tese in avanti, la testa bassa, e seguitano la striscia che lasciava il nostro veicolo.
- Ebbene, sclamai io, se ci fermassimo per dimandar loro notizie dello Czar?
| |
Moma Metek Metek Czar
|