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      Si figuri un uomo nella mia posizione, che ha preso in custodia la vita di una fanciulla potentemente amata, a duemila e quattrocento chilometri lontano dal termine del suo viaggio, in pieno verno, in mezzo ad un deserto di ghiaccio, dovendo diffidare di tutto, privo ad un tratto dei suoi mezzi di trasporto, ridotto all'alternativa di morire presto o tardi sul sito, di miseria e di disperazione, o di morire per via, di fame e fatica! Non pių salvezza, nč libertā, nč fuga in prospettiva, ma forse, o presto o tardi, la cattivitā di nuovo. Le prime ore furono una spaventevole agonia di silenzio e di visioni desolanti. Infine, Metek dimandō:
      - Padrone, quale č il vostro avviso per cavarci di qui?
      - Lo so io forse? risposi col singhiozzo nella voce, guardando Cesara, coricata sotto le pelliccie.
      - Bisogna nondimeno tirarci di qui, riprese Metek. Si muore anco, ma si deve lottare contro la morte.
      - Conoscete voi bene la contrada ove abbiamo naufragato?
      - Perfettamente. Siamo a centocinquanta verste da Verknč-Kolimsk, il solo sito, nel giro di mille o millecinquecento verste, in cui potessimo trovare un aiuto qualunque.
      - Bisogna recarvisi a piedi, risposi io. Se noi cadiamo spossati, voi vi salverete.
      - Non si tratta di noi, vale a dire voi e me, padrone. Gli uomini della nostra tempera muoiono sotto la mano di Dio, di raro sotto i colpi della sventura. Ma vostra sorella?
      - Ah! sclamai io, che fare?
      - Ebbene, proviamo, disse Metek. Le yurte sulla Kolima erano altravolta numerose; ora l'epizoozia, la miseria le hanno deserte.


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Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





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