Partimmo all'indomani, una delle narte tirando al rimorchio la slitta, ove Cesara ed io ci tenevamo.
Tre dì più tardi arrivammo a Verknè-Kolimsk, miserabile borgo, ove evvi un piccolo ostrog, esile fortezza in legno, circondata di palizzata e grossi tronchi. L'ostrog, cadendo in ruina, ricoverava male i cinque Cosacchi che l'occupavano per dare mano forte all'offiziale del bailo nella esazione del yusak nel distretto.
L'esaule era un Russo, invecchiato nel paese, lupo un dì formidabilmente affamato, ora un po' addimestichito.
Presi immediatamente con lui un'aria insolente ed in collera, lo minacciai di portare i miei lamenti al governatore della Siberia orientale. L'esaule non si mostrò però troppo turbato, e mi chiese il mio passaporto. Io glielo presentai. Ei lo lesse e rilesse, lo voltò e rivoltò nelle sue mani, mi guardò in maniera sospettosa, mi squadrò con insolenza.
- Il passaporto è in regola, disse egli alla fine. Vediamo adesso la lettera di commissione dell'Ammiragliato di Pietroburgo.
- Ciò non vi riguarda, risposi io; il vostro officio si limita alla visita del passaporto.
- Ciò è vero, replicò l'esaule.
- Nondimeno, soggiunsi io, non ho alcuna difficoltà a mostrarvi il dispaccio del ministro della marina.
- Vi chieggo scusa, mormorò l'esaule, leggendo la lettera dell'Ammiragliato. Ma il governatore di Jakutsk ci ha segnalato la fuga di un Polacco deportato, col quale, per disgrazia, voi avete qualche tratto di somiglianza.
- Ciò non mi stupisce: io sono dell'Ukrania.
- D'altronde, perchè, in una stagione come questa, vi scostate voi dalla strada ordinaria?
| |
Cesara Verknè-Kolimsk Cosacchi Russo Siberia Ammiragliato Pietroburgo Ammiragliato Jakutsk Polacco Ukrania
|