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      E' non sapeva che farsi dei rubli, cui non avrebbe potuto barattare che recandosi alla fiera di Ostrovnoye, vale a dire ad 800 verste all'ovest. L'indomani nonpertanto il Tsciuktscia, venne a vederci, e ci portò un mezzo argali, montone selvaggio. Ne aveva uccisi due la vigilia.
      Io non fui più fortunato di Metek nel negoziato. Il selvaggio domandava adesso un fucile, o per lo manco un revolver e delle munizioni. Io non poteva disfarmi delle mie armi. Mi decisi quindi a continuare la strada coi cani, facendoli riposare qui: perocchè il Tsciuktscia(40) mi assicurava che la contrada non mancava di selvaggiume. Ora, noi avevamo cani e fucili. L'indigeno cacciava colla picca, colle frecce, e venne armato del suo batase - una lama di ferro in cima di una lunga asta.
      Il Tsciuktscia mangiò con noi, spiando cosa potesse rubare e toccando tutto. Egli venne in seguito ogni dì, mattina e sera, nella sua slitta, tirata da quattro renne. Egli contemplava Cesara con occhi carichi di scintille. La sua famigliarità cominciava a stancarmi. Avevamo fatta una buonissima caccia di argali ed ucciso un orso, avvegnacchè ci fosse stato impossibile avvicinare le renne selvagge e pigliarle al laccio. Fissai dunque la nostra partenza per il domani. I cani erano, se non guariti interamente, in istato di viaggiare. Una copiosa panciata di orso li mise in galloria. La giornata, relativamente calda, fu spesa nella caccia. Verso sera, Metek si ostinò a seguire le peste di un argali; io rientrai per fare qualche rattoppo alla slitta.


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Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





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