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      Fui stupito nel vedere, a poca distanza dal nostro accampamento, la slitta del vicino. Accelerai il passo. Ad un tratto, lo scoppio di una pistola mi giunse all'orecchio. Corsi... mi precipitai nella tenda.
      - Al soccorso, mi gridò Cesara, con le vestimenta lacere, e rovesciata al suolo.
      Il Tsciuktscia lottava con lei. Vedendomi, e' si raddrizzò, e si scagliò sopra di me, colla batase alla mano. Era stato ferito alla guancia dalla pistola di Cesara, e gliela aveva strappata di mano. Io rinculai fuori della tenda, ed afferrai l'accetta. Avevo il fucile: avrei potuto abbattere quel miserabile con una palla nella fronte come avevo fatto dell'orso; ma mi sembrò vigliaccheria. Ero forse ridicolo; ma infine la fu così. Un duello in regola cominciò tra noi due. Il selvaggio aveva il vantaggio dell'arma, io quello della ginnastica e della scherma. Per buona ventura, e' non si avvisò di servirsi del revolver. Io parai a lungo, volendolo disarmare e prendergli così le renne in cambio della vita. Ma egli mi attaccò con rabbia, con acciecamento: io saltava a destra ed a manca. Ei credette che io mi avessi paura di lui, e divenne più accanito, più furibondo. Cesara uscì, e gridò:
      - Guárdati, guárdati!
      Lo Tsciuktscia, infatti, si abbassava per cacciarmi il batase nel ventre. Io non mi contenni più: un colpo di accetta gli aprì il cranio in due, e lo rovesciò fulminato.
      Metek sopraggiunse.
      Voi comprendete il resto.
      Io ripresi il revolver rubato a Cesara, e mi impossessai delle renne e della slitta dell'indigeno.


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Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





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