Le donne vi venivano la state a raccogliere un po' di frutti del vaciet di montagna, quando maturava. Nelle tane dei topi abbonda la radice farinosa della makarcha, ciò che mi procurava il sollazzo della visita curiosa degli orsi bruni, i quali venivano a scavare i topi, cui inghiottivano con una soddisfazione sibaritica, tirando fuori la radice.
Io non era lontano dalla costa, ove s'incontrava qualche casipola di rifugio per i cacciatori, ed ove io poteva godere dello spettacolo del mare e darmi ai miei studii topografici. Potevo andare alla caccia dell'isatis bianco o turchino, dell'orso bianco, dell'argali, della volpe, del lupo, del leone e del vitello marino, e di tutta la tribù degli uccelli viaggiatori ed acquatici, e dei quadrupedi che fuggivano innanzi al flagello divoratore dei dipteri succhiatori. Il ghiaccio rompevasi al mese di giugno. I blocchi di ghiaccio cumulati, formavano delle dighe, cagionavano delle inondazioni che, ritirandosi, lasciava un letto di piccoli pesci, cui si disseccavano per i cani.
Io non avevo bisogno di tutto codesto, perocchè, in qualunque modo, io non avevo a passar l'inverno sul mare Glaciale. Ma Metek? Ma chi sa? D'altronde, io dovevo giustificare la parte cui rappresentavo.
Io non saprei esprimervi lo stupore atterrito che mi prese contemplando per la prima volta, verso il principio di aprile, lo stretto di Behring. Avevo lasciato Metek e Cesara all'accampamento ed ero partito con Ethel e con alcuni altri Tsciuktscias per andare alla caccia dell'orso bianco e della foca.
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