Poi, valli profonde ove una neve rosea scintillava, o ponti sospesi; un arcipelago cosparso di fantasimi opachi e traslucidi, curvi, in piedi, inclinati, oscillanti; arcati, appoggiandosi gli uni sugli altri, ad ogiva, a pieno centro. Di lontano, un gruppo di torose di formazione recente - è questo il nome dei blocchi di ghiaccio - avendo ciascuno sul dorso uno o più orsi bianchi, derivando verso una spalancata polinas - crepaccio - che li inghiotte l'uno dopo l'altro. Più lontano ancora delle isole che camminano e vanno all'incontro l'una dell'altra, si urtano col rumore del tuono, si aggraffano, si frangono, s'inabissano. Uno scricchiolamento metallico formidabile di tempo in tempo, come migliaia di tuoni rauchi. Una battaglia di montagne in marcia. Degli interstizi di acqua azzurra, leggermente spolverati di brina. Più al di là ancora, lo spazio. Sulla costa, un seguito di balzi dentellati e merlati. E con ciò, non sole, ma un giorno di una bianchezza cadaverica, attristata da un riverbero verdognolo.... Ecco lo stretto di Behring ed il mare polare della Siberia. Mi sentivo circondato del vago, del vuoto! Era spaventevole e splendido! Mi fermai per schizzare un abbozzo(42) e, quel giorno lì non volli andare più lontano.
Verso sera, una magnifica aurora boreale dai raggi luminosi di colori diversi, illuminò il cielo e rischiarò la mia strada fino ad un'ora avanzata della notte. Vi erano circa venti gradi di freddo. I Tsciuktscias trovavano che faceva caldo. Io arrivai alla mia tenda ove mi attendevano il sorriso amato di Cesara, un'oukha succulenta di tscir alla cipolla selvatica, qualche radici che Metek aveva dissotterrate dal ghiaccio, ed un piccolo fuoco di muschio e di ossa di balena.
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