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      La neve sembrava venata di sangue, colorata qua e là dalla tinta di ruggine dei licheni, o in rosso, in verde, in giallo, da una flora di cryptogami rudimentari. Rompendo la corazza ghiacciata del fiume, la pesca ci provvedeva largamente. Metek scoprì che la radice del boursault rampante era un eccellente condimento alla carne; che si poteva ottenere un thè non troppo cattivo, da un certo muschio del granito verde e da una specie di felce aromatica dal gusto gradevolissimo; ed un giorno egli arrivò in aria trionfale con un cavolo marino - crambe maritima - che ci dette un stchi, o zuppa saporitissima. Prevedendo l'ignoto, noi cumulavamo le provvigioni. Ma la fusione dei ghiacci cominciò per bene.
      Avevamo fatte parecchie corse verso il mare, un poco per sorvegliare le numerose trappole agli isatis, ai lupi, alle volpi, che Metek, alla moda degl'indigeni, aveva accomodate d'ogni banda, cifrandole con un segno che dinotava la sua proprietà, ma principalmente per osservare il progresso della liquefazione. Al di qua della collina era il silenzio, l'immobilità, l'uniformità maestosa e religiosa che s'incontra per migliaia e migliaia di verste percorrendo la Siberia; dall'altra banda, era l'Oceano che si svegliava dal suo sonno di nove mesi; era l'ebbrietà vertiginosa della vita.
      A destra e a manca sormontavano, alla superficie di un oceano di vapori, delle creste nere e slanciate che foravano la loro guaina di diamante e salutavano il sole, avendo i loro fianchi solcati di neve eterna, o niellati di fili di argento brunito - i ruscelli.


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Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





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