.. Tutto ciò era tenebre, dolore, disperazione. Infine, io mi decisi a traversare lo Stretto in una baydara indigena, barca costrutta di costole di balena e pelli di foca, ed approdare più al sud che potessi del Capo del Principe di Galles. Ethel era pronto a condurmivici, contentandosi, per tutto prezzo, di uno dei miei revolver e di un po' di polvere. Io potevo condurre meco Metek, la tenda, le renne, i cani, la slitta: quattro o cinque di quelle barche si mettevano a mia disposizione. Non avevo che un centinaio di leghe marine da navigare. I nostri sguardi non si distaccavano più dal mare. La mia vista aveva acquistata un'acuità incredibile. Io comprendevo il linguaggio di ogni fiotto, di ogni soffio, di ogni onda, di ogni cangiamento di tinta d'ombra e di luce. Il giorno della partenza era fisso al 7 agosto. I fagotti erano allestiti. La rassegnazione era caduta sopra di noi come il coperchio di una tomba. Lo scorruccio ci annichilava l'anima. Io cominciavo a dubitare dell'intervento divino nella vita del mondo, che la mia religione insegnavami.
- Bontà di Dio! Misericordia eterna! L'è una nuvola? L'è una vela? L'è un punto nero! No: l'è una delle tre isole dello Stretto! No: l'è un masso di ghiaccio che sorge dagli abissi! Che? esso si approssima. Esso ingrandisce e prende forma. Esso avanza dalla nostra parte....
Cesara ed io cademmo in ginocchio e baciammo il suolo. I nostri occhi nuotavano in lagrime di gioia. L'era una nave....
Io distinguevo la bandiera.
- No, non è la bandiera russa.
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