Dal canto loro, i realisti si affrettavano ad arrivare: l'odore dell'arrosto infondeva loro del coraggio.
Io presi lo stradale, alla grazia di Dio, non conoscendo il paese, nč sapendo ove dirigermi. A Spezzano Albanese, incontrai il Consiglio municipale di Cosenza ed il vescovo, i quali, due giorni prima, avevano gridato: Viva la Costituzione, abbasso i Borboni! Essi si recavano ora a presentare i loro omaggi ai generali Du Carne e Busacca. Monsignore mi diede per cortesia la sua benedizione, sbirciando il mio cavallo che, quindici giorni prima, egli aveva offerto per la salute della patria. Io non aveva agio di raccogliere delle benedizioni. Avevo fretta. Non potendo continuare sulla strada di Cosenza, presi il cammino delle montagne dei miei Albanesi. La mia ordinanza, vedendo che non vi era pių nulla a spigolare con me, rimase un po' indietro, poi si smarrė col mio sacco da notte, in cui vi era un po' di danaro e alcune camicie. E non ne ebbi pių nuove. Gli Albanesi mi seguirono bravamente e fedelmente. Essi avrebbero potuto assassinarmi e essere nominati cavalieri dell'ordine del Merito civile.
La notte era caduta. Noi c'ingolfammo in mezzo alle montagne, incontrando di qua di lā dei fuggiaschi, i quali, avendo nascosto i loro fucili, se ne ritornavano ai loro villaggi, come se venissero dalla mietitura. Io passai per boschi di castagno, per oliveti magnifici. Il rumore dei ruscelli animava il silenzio della notte. Un leggiero venticello dava alle foglie una voce lamentevole.
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