- Impossibile, amico mio. La mia casa è sorvegliata.
- Ah! mio caro signore, cominciò a crocidare madama don Ciccio, di gran cuore, con tutta l'anima, noi vorremmo tenervi con noi; ma......
- Ah! ma?
- Ma, gli è impossibile. Il sindaco, il capitano della guardia civica, i gendarmi..... mio marito è sospetto. Io te lo diceva bene, Francesco, tu lo vedi, che saresti ridotto a cattivo partito con la tua cospirazione, la tua nazione, la tua dannazione.... Eccoti a bel porto adesso. Tu non sarai sindaco, neppure decurione.... Impossibile, caro signore: bisogna partire.
- Certo, signora.
- Lauretta, gridò madama, di' ai guardiani del signore di non togliere la sella al cavallo.
- Nulla di tutto ciò, ordinai io alla mia volta alla serva di ottant'anni che spiava alla porta. Io partirò domani. Adesso ho sonno, e sfido il diavolo e la sua mogliera a scacciarmi di qui. Signora, non avreste per caso un letto da farmi preparare?
Il marito e la moglie scambiarono un'occhiata, che io non volli comprendere. L'una diceva:
- Eh! ecco lì uno dei tuoi scapestrati di amici, dei tuoi vagabondi sfrontati, dei tuoi mendicanti che s'impongono come i gabellieri.
Ed il marito rispondeva:
- Pazienza, amor mio, una notte è presto passata. Non è colpa mia. Che posso farci?
Io mi stesi sul canapè e soggiunsi:
- Ebbene, don Ciccio, amico mio, animo, su, mio caro, fammi dare un letto.
- Non vuoi cenare?
- Non mi oppongo a ciò, per non mancar di cortesia verso la signora. Una fetta di mortadella, una frittata, un bricciolo di cacio, un elefante, due beccacce, un fagiano ai tartuffi.
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Ciccio Francesco Ciccio
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