Pagina (312/346)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      ... che so io! Spiega al vento tutte le tue virtù, e presto, non importa che, cui dividerò con i miei Albanesi, e che ci addormissimo. Abbiamo fatto non so quante miglia in quindici ore di marcia.
      Preso fra due fuochi, don Ciccio restò neutro. Infine, la signora, vedendo la mia determinazione ben ferma di non andarmene, si sacrificò, sprigionando dal petto un sospiro simile al gogolare del tacchino.
      - Sta bene, signore. Li volete altresì alla vostra tavola, i vostri Albanesi?
      - Senza alcun dubbio, signora. Io onoro codesti due uomini, come voi onorereste il vescovo di Cosenza, se venisse a dimandarvi ospitalità.
      Lauretta scomparve. Io respirai. Credevo che la cena arrivasse. Lauretta venne con un paio di pianelle, s'inginocchiò ai miei piedi e si pose a cavarmi gli stivali. In quei paesi non si comprende che si possa cenare con gli stivali ai piedi. Lasciai fare. Ella usci di nuovo e ritornò, portandomi questa volta il mio cappello, che io aveva gettato nell'anticamera.
      La signora volle che io conservassi il mio cappello, perchè non prendessi un raffreddore. Ed io che detesto il cappello e la cravatta, quasi altrettanto che S. M. Siciliana, obbedii: avrei messo una delle sue gonne, se me lo avesse dimandato, par accelerare l'ora di andar a cacciarmi nelle lenzuola. Infine, la cena comparve. Componevasi di rimasugli di due o tre pasti.... Ingollai un boccon di qui, un di là, bevvi un gotto e dissi... (in verità, io pagava di buona moneta questo bestione e la sua orribile femmina).
      - Adesso, don Francesco, un buon letto.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





Albanesi Ciccio Albanesi Cosenza Siciliana Francesco