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      Stanchi, esausti, abbattuti da trentotto gradi di caldo, i gendarmi fecero sosta proprio innanzi la siepe sotto la quale io era appiattato. Io udii una conversazione sul conto mio - che mi dà la pelle d'oca anche in questo momento, innanzi ad un bol de punch.
      E ciò dicendo, Tiberio bevve ridendo un altro bicchiere del liquido delizioso; e poi continuò:
      - I gendarmi restarono quivi una mezz'ora - ed io imparai, che un uomo può restare una mezz'ora senza respirare. - Poscia e' si rimisero in cammino.
      L'orecchio attaccato al suolo, udii da prima il suono della loro voce, poi il rumore dei loro passi estinguersi in lontananza. Io aveva sentito il ventre freddo dalle lucertole strisciar sul mio sembiante, e non mi ero mosso per non denunziarmi. Le mosche, le zanzare, le vespe, mi avevano divorato, ed io non aveva battuto palpebra. Una catalessia morale aveva irrigidito il mio corpo. Tutta la vita si era allora concentrata nella vista e nell'udito. Udivo battere il cuore degli uccelli poggiati sul mio roveto. Vedevo dei millepiedi rossi correre su i pampani, ad un tiro di fucile. Rimarcavo mille tinte nella gradazione della luce del sole, a misura ch'esso s'innalzava sull'orizzonte - osservazione curiosa e singolare, che mi ha fatto di poi pigliare il broncio cento volte contro i pittori di paesaggio, che non capiscono nulla, proprio nulla, del cielo. E come il tempo mi parve lungo! e quanto il pigolìo degli uccelli mi assassinava!
      Ogni rumore era per me un nemico, una trappola forse.


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Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





Tiberio