Il solo torto che abbiamo a rimproverarci d'innanzi a Dio gli è di non aver prestato mano al santo pontefice nelle sue querele con questi due baroni. Ebbene, per quelle sante reliquie dunque giuriamo che non saranno passati sei mesi...
- Col vostro beneplacito, principe« s'interpone Gisulfo »arrestatevi: non profferite giuramento che forse un giorno vorreste non aver fatto. Io non difendo il duca Roberto perchè mi viene cognato, nè il priore di Lacedonia perchè mi è amico. Ma le nostre leggi ordinano di non condannare alcuno, che prima non fosse stato citato e giudicato. Io quindi mi appello a voi, santo padre, di aprire un placito, dove le accuse contro costoro fossero più formalmente profferte e da loro pari discusse. Poi, se la sentenza che profferiranno li condannerà, io che adesso per loro campione mi constituisco, io il primo mi adopererò onde eseguirla. Ho detto, e la parola di un principe valga per voi più di quella di codestui, che se non è matto, è bene insolente e merita castigo.
- Uhm! meritare l'è uno, darglielo è un altro; ci badi messere, susurra taluno di mezzo all'adunanza.
- Ben diceste, nostro amato figliuolo« alquanto acerbo risponde il pontefice »prudente consiglio fu quello di vostra mercede, e per avventura assai cauto. Noi dunque apriamo questo placito qui. Lo presederà per noi il nostro cancelliero; i giudici saranno questi baroni; gli accusatori, gli offesi non pochi che qui si trovano per farci riverenza. La giustizia favelli nei vostri(1) cuori, vi illumini Iddio.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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Dio Gisulfo Roberto Lacedonia Iddio
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