Che perciò quei poltroni spaventati cacciarono il papa fuori le mura della fortezza. Un cavaliere allora si accostò, e prendendo le redini della sua bianca mula:
«Ser papa» gli disse sorridendo «siete prigione».
- Quel cavaliere era ancora Roberto.
- Era Roberto,» continua il campione della Chiesa; «proprio lui, egli sempre. I Normanni, in apparenza rispettosi, punsero il pontefice di amari motteggi. Gli occhi pregni di lagrime, pallidissima la faccia, Leone venia tirato dalla briglia da Guiscardo ed attraversava i ranghi dei soldati, i quali ebri di tanta bella ed inaspettata vittoria, gli si ginocchiavano schernevolmente sul passaggio per riceverne la benedizione.
- Ed avrebbero meglio ricevuti dei bisanti, dei fiaschi di Orvieto e delle lacche di maiale! interrompe una voce chioccia dal fondo della sala.
- Può ciò essere ancora, continua il campione: eran tanto scomunicati! Il conte Umfredo però prese il santo padre sotto la sua custodia: nè il lasciò a libertà se non carpiti accordi che pienamente lo soddisfacessero. Il papa ridotto a tanto stremo mal volente o volentieri condiscese a tutto, tornò libero e poco stante morì a Roma di cordoglio per gli oltraggi ricevuti. E l'uomo che tanta sventura alla cristianità cagionava era sempre Roberto.
- Sventura poi non era tanta, mormorò un cavaliere dell'adunanza: quel Leone fu una mala ventura.
- La parola è a me adesso« l'interruppe il principe Gisulfo alzandosi ».
- Con vostra licenza, monsignore, ancora due motti« pregò Baccelardo »indi giustificherete a vostro piacimento, se potrete, la condotta di vostro cognato.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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