«Dio ci vede e ci ascolta, sclama il vecchio; Alberada sia tua.
Sapete voi, baroni, come Guiscardo ha mantenuto tanto solenne giuramento?
- Non fu colpa sua se non lo mantenne, grida Gisulfo.
- La colpa fu sua, ed io che l'accuso, l'attesto, continua l'altro. Del resto giudichi il placito. Dopo tre anni Alberada è stata ripudiata. E nel pieno delle gioie, madre di un figliuolo, col sorriso d'amore sulla labra, lusingata di lunga felicità, lussureggiante di speranze, è stata ripudiata Alberada, per isposarsi ad un demonio - a vostra sorella Sigelgaita, principe Gisulfo, per alimentare ambizioni e fatali desideri.
- Ciò non è vero, interrompe di nuovo Gisulfo.
- Io l'attesto, io lo giuro, grida l'altro. Le lagrime di Alberada, baroni, chiedono vendetta; voi lo farete.
- Sì, voi la farete, grida Baccelardo anch'esso in un impeto irresistibile, perchè suo padre non è più - dopo otto giorni dalla partita della figliuola moriva di languore nel castello di Cariati che gli avevano dato a guardare.
- Vi è ancora qualcuno che debba produrre sue accuse? dimanda il principe Gisulfo con l'accento soffogato dalla rabbia.
- Ancora un altro, monsignore, risponde una voce dal fondo della sala.
Ed a lentissimo passo, sorreggendosi ad un bordone, accompagnato da un cane, perchè cieco, avanza un vecchio. La sua testa era scoverta, pallidissima avea la faccia, lunga, scomposta la bianca barba, nuda e rugosa la fronte, livido tutto nella persona pel gelo della vecchiezza e della malattia che gli serpeva per le vene, incurvato, tremulo e lacero nei panni.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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