Ma io credo di essermi spiegato abbastanza. Qui si snebbi dunque la frenesia che la tua vista ha in me rinnovellata, e parliamo di altro.
- Meglio così.
- Sai tu, perchè mi rivedi in questo castello?
- Se non è per venirvi a sollazzare delle sofferenze della vittima, o a venirle ad intimare il supplizio, io non saprei perchè altro.
- Per salvarti.
Alberada si stringe nelle spalle, volge la testa verso il cielo che le mandava un raggio di sole dall'abbaino, e non risponde. Ildebrando continua.
- Per rimandarti libera al priore di Lacedonia come messaggiera di pace.
- Mio Dio!
- L'ami tu dunque colui?
- È mio marito, checchè voi ne pensiate in contrario.
- Taci, non dirlo, grida Ildebrando di voce convulsa digridando. Per Gesù, codeste tue parole mi fanno male al cuore, ed io non so se giungo a dominarmi. Ascoltami bene, Alberada, e rammenta che il papa con una mano rimesta in cielo, con l'altra stringe la terra nel pugno, e può scuoterla, riempirla di sangue, desolarla dove al suo volere non pieghi, e che chi il papa tradisce, muore della morte dei traditori dentro l'anno.
»Orbene, continua Ildebrando, tu dunque devi recarti al priore di Lacedonia. Se Ildebrando l'odiava, il papa gli ha perdonato e seco vuole riconciliarsi. Egli ti aveva mandata a me a Montecasino, confidando nella tua mediazione, perchè lo salvassi. Mal non si appose, perchè io col tuo mezzo, e col tuo mezzo solamente, voglio e posso salvarlo. Che fiducioso torni a me. Non chiedo neppure che mi domandi perdono dappoichè già, per volere di Dio, lo perdonai.
| |
Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
|
|
Lacedonia Dio Ildebrando Gesù Alberada Orbene Ildebrando Lacedonia Ildebrando Montecasino Dio
|