Infatti, lasciata Alberada nella corte di Gisulfo, al campo ritorna immediatamente.
Roberto Guiscardo stette in sulle prime dubbioso alla proposta. Non perchè fiducia di vittoria non avesse, come che gli fosse noto bella copia di valorosi guerrieri trovarsi pure tra i Longobardi; ma perchè egli serrava in pugno la vittoria in massa con una città quasi alla vigilia della resa. Per una tenzone in campo steccato invece egli poteva andar soggetto a cento di quelle fortune avverse, le quali solevano capitare anche ai più prodi, sia per un piede messo in fallo dal cavallo, sia per un colpo d'occhio non pronto, sia per una considerazione importuna che si ficca nella mente, giusto all'ora di maggiore confidenza, energia ed oblianza del mondo esterno, sia in fine per effetto di qualche talismano sulla persona o sul corridore del cavaliere, distrutto dalla benedizione del sacerdote, non tolto dal giuramento del campione. Ma infine, perchè rifiutare il duello e' sarebbe valso la confessione che nel suo campo non pugnavano cavalieri da stare propriamente a fronte ai cavalieri longobardi, Roberto accettò - nel suo pensiero risoluto di battersi egli in persona, come colui che della cosa più vivamente interessava. Chiamò perciò a consiglio i suoi conti ed i suoi baroni, i quali unitamente a lui avevano dritto a deliberare sulle cose della nazione, si fe' venire il priore Guiberto, e dopo aver seco lui lungamente favellato in segreto, lo fornì per iscritto di piena potenza nelle convenzioni pel duello, ed al principe lo mandò unitamente all'abate.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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Alberada Gisulfo Guiscardo Longobardi Roberto Guiberto
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