- Egli era greco, esclama semplicemente l'abate. Or bene, questa opposizione di carattere dei due figliuoli non è a dirsi se contristasse il Bonizone, il quale, uno almeno dei fanciulli, destinava per l'arte sua. Ma il primo pensava solo da mane a sera a far sgorbi sulla segatura, quasi volesse scrivere. Ed in fatti si assicura che un tabellione, entrato nella bottega del falegname per ordinare non so qual lavoro, avesse letto in uno di quei trastulli le parole di Davide: dominerà da mare a mare. E sì che il taciturno putto nulla ancora conosceva di scrittura! Ovvero quel tristanzuolo andava in traccia di vecchie pergamene, di vecchi scartabelli, e nascosto in un angolo della casa simulava leggere, restando giorni interi in tal atto, dimentico di cibo e di bevanda. E quando non trovava di questi balocchi, metteva ogni suo sforzo ad arrampicarsi sui punti più culminanti della casa, oppure sollevava i più grossi ceppi da terra, addestrandosi così a superare tutte le resistenze, e livellarsi a tutte le altezze ond'isfidare la vertigine.
- Ma che domine ci entra codesto con Alberada, la gelosia, Sigelgaita, il diavolo e le sua corna? dimanda Gisulfo impaziente.
- Prego la vostra cortesia di udirmi, continua l'abate.
L'altro figlio di Bonizone al contrario teneva sempre dietro a picchieri, a falconieri, fabbricava labarde di legno, arrolava garzoncelli e comandava l'assalto di baluardi di neve, impazziva dietro a canterini, alani e girofalchi, sì che il povero padre non mai sapeva ridurlo a casa, neppure con le batoste, di cui col monello non mostravasi avaro.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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Bonizone Davide Alberada Sigelgaita Gisulfo Bonizone
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