Ora, siccome Cuno, tra pel favore dello zio, tra per natural talento usava di orgogliosi modi verso tutti i monaci, niuno rispettando, anzi qualcosa garrendoli della troppa lassezza nei doveri religiosi, e si mostrava duro in tutte le opere che con la sua volontà contrastavano; così i frati, all'elezione del novello abate, nemico di suo zio e di lui, a pieni voti lo cacciarono via dal monistero.
- Birboni di frati! sclama l'arcivescovo di Salerno. Se fosse stato un donnaiolo lo avrebbero nominato priore. Erano ben dessi, va!
- Figuratevi, belle dame, se Cuno piangesse, continua l'abate, nel mettere piede fuori la soglia claustrale. Egli a vero dire non piangeva già di dolore e di vergogna. Piangeva per offeso amore di sè, per dispetto, e forse un tantino ancora per qualche visioncella ambiziosa svanita. Pur nullamanco decise lasciarsi morire di fame. Ma Iddio non abbandona i figli suoi, poichè provvede gli uccelli di piume, gli agnelli di lana, come dice Salomone...
- E l'ubriaco di sete, soggiunge Baccelardo.
L'abate sorride e prosegue(11):
- Dovete dunque sapere che era stato grande amico di suo zio, un uomo piacevolone, quell'arciprete Giovanni Graziano, che fu poi papa Gregorio VI. Aveva costui veduto parecchie fiate il giovane Cuno, e dallo zio ne aveva udito mirabilia, riguardo all'ingegno ed alla pietà. Gli si era perciò venuto affezionando. Usciva dunque un giorno l'arciprete della chiesa di San Paolo, allorchè gli parve di scorgere alcuno che cercava evitarlo, e questi somigliare a Cuno.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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