Goccelino rendeva loro mercč dell'ospitale caritā, e pregava che desistessero da quegli uffici.
Ma Giselberto dichiarava che, per lui, un palmiere figurava Iddio, e perciō poco quanto gli potesse praticare.
- Bravo uomo! sclama Baccelardo. I Normanni non ebbero mai nč pių prode, nč pių santo guerriero di lui.
- Infine l'infermo fu guidato al letto e vigilato con una amorevolezza senza esempio. Eppure non gli avevano dimandato ancora nč del nome, nč della condizione, nč d'onde venisse.
- La caritā, figliuoli miei, č cieca.
- E pių spesso sorda! dice l'arcivescovo sorridendo. L'abate prosegue:
- La malattia di Goccelino intanto volgeva al peggio, ed egli stesso credeva di aver contratta la peste in Oriente. Perō non nudriva alcuna speranza di vita. Un giorno che pių grave sentiva avvicinarsi l'ora fatale, risolve scrivere a suo padre ed a suo suocero onde dimandare loro perdono. Cosė fa, e le lettere partono per due vassalli che il barone spicca.
Suo suocero lo aveva da lungo tempo perdonato - chč anzi non aveva mai concepita veramente collera contro di lui, perchč anch'egli credeva Bertradina colpevole, e braccheggiava dietro a Cuno, dentro Roma sicuro e despota, per vendicare la seduzione della figlia. Bonizone, giunto alla sua ora finale, agonizzava. Aveva presso di sč chiamato Cuno, onde non passare al cospetto di Dio cosė sconfortato e deserto di ambo i figliuoli. Cuno si era recato per dare al padre la benedizione dei moribondi. La pietosa lettera di Goccelino arriva, li commove entrambi.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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