I suoi ospiti lo seguivano. Allora a lui si para innanzi l'arcivescovo di Salerno, Alfano, e dice:
- Ed a me, monsignore, a me non dimandate voi perdono dell'avermi detto mentitore?
- A voi, messer arcivescovo, che ardiste dare del pazzo a nostra sorella, fiero risponde Gisulfo, a voi non solo non dimandiamo scusa, ma aggiungiamo che siete uno scimunito ubriaco.
Alfano a quelle brutali parole corrusca negli sguardi, e portando la mano al fianco, dove soleva tenere il pugnale, fa due passi verso il principe. Poi tutto ad un tratto ristą e dice:
- A domani, principe Gisulfo.
La principessa intanto dimandava:
- E Cuno ha perdonato il fratel suo, messer abate?
A questa domanda Ugone sembra interdetto. Ei resta un momento a riflettere, poi risponde:
- L'ha perdonato.
- Mai! mai! sclama Alberada fra sč, uscendo dalla sala, mio Dio! che si richiedeva dunque da me!
Allora sotto l'uscio della stanza il priore le si accosta all'orecchio e dice:
- Alberada, deggio favellarti.
A quella voce ella si scuote: retrocede da prima, poi si accosta, e presa da subito tremito che le invade tutta la persona, risponde:
- Non č pił tempo, Guiberto, guįrdati: fuggi - le terre d'Italia non sono pił per te.
Le nostre leggitrici han gią del pari compreso che Cuno era Ildebrando, ora Gregorio VII; Goccelino, Guiberto priore di Lacedonia.
VIII.
Io vinsi al cestoIl figliuolo d'Enope Clitomede,
Alceo Pleuronio nella lotta, a cuiM'aveva sfidato; superai nel corso
L'agile Ificlo; e nel vibrar dell'astaPolidoro e Fileo.
Iliade, XXIII.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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