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      I loro discorsi non si aggirano che sulle adultere pratiche di questo o di quel lussurioso, non si odono che rise sconce, facezie sporche e disoneste, o il rumore diabolico dei dadi. In una parola, ed i vescovi sovra tutti, non curano che acconciarsi il crine a modo di edifizio, coprirsi a pelli di peregrini animali, portar sotto il mento preziose pellicce di martora, che al percuoter dei raggi sfolgoreggiano, ornare a stracarico di squame di oro le bardature dei cavalli, cavalcare robusti destrieri, tirarsi dietro stuolo numeroso di soldati e trabanti; sicchè negli arnesi da svenevoli, nelle amorose smancerie, nel muover degli occhi, nel gesto e nelle parole e' rassembrano compiutamente a istrioni.»
      Tanta improba rilasciatezza doveva colpire Ildebrando nel fondo del cuore, perchè egli comprendeva come, per rendere potenti ed autorevoli gli ecclesiastici, bisognasse renderli prima rispettabili. Egli aveva trovata in sè la forza di reprimere le altere richieste dei sensi, di resistere all'andazzo dei tempi. Pretendeva che anche gli altri rinvenissero tanto coraggio, ed in questa austerità di principii si consolidassero. Perchè, una volta rimondati da ogni lezzo profano, potevano bene stendere ardita la mano al potere, ed impossessarsi del governale del mondo. In una parola, egli vide che il secolo aveva tre bisogni: un centro a cui si potessero rannodare le nazioni, da cui sperare giustizia, pace e difesa; un principio di credenze non contaminato da sozzi ministri; una libertà cittadina, che non fosse nè precaria, nè all'arbitrio dei despoti e degli stranieri.


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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano
1864 pagine 522

   





Ildebrando