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      - Proprio così, santo padre!« grida Guiberto »ma non l'incuterai a Roberto il terrore! Sta bene, Ildebrando, sta bene. Tirasti il giavellotto giusto allo scudo che te lo rimanderà sulla fronte. E sì dicendo, si fregava le belle mani, con indicibile gioia si dimenava sul suo seggio e sorrideva. Poi, volgendosi a Baccelardo, soggiunge:
      - Non vogliamo saper altro, bel cavaliere. Però in compenso delle grate notizie che ci avete date, usateci la cortesia di accettar questa catena d'oro che a noi fu donata dall'imperatrice Berta. Non vi facciamo grandi promesse: vi preghiamo solo di accordarci talvolta il favore di potervi essere utile in qualche cosa. Vi diciamo intanto con rammarico che avete accettata una commissione che vi tornerà a grave danno.
      - Sarà quel che vorrà Iddio, monsignore. Se pertanto potessimo rendervi servizio in Germania...
      - Gran mercè, bel cavaliere! Ricordateci all'imperatore.
      Baccelardo si congedò, e Guiberto chiamò l'abate di Modena. Era questi il segretario, il confidente, la coscienza, l'anima dannata dell'arcivescovo. Guiberto gli dice:
      - Ser abate, gli è mestieri che in questo punto, seguíto da cinque uomini, montiate a cavallo, e che senza prender riposo nè dì nè notte vi rechiate sotto le mura di Benevento onde dare a Roberto Guiscardo il foglio che scriveremo. Intendete? nè dì nè notte farete sosta altro che quando e voi ed i cavalli prendiate cibo. Ci raggiungerete a Roma, al castello di Cencio. Ite dunque ad allestirvi.
      Intanto l'arcivescovo scriveva:
      «Monsignor Roberto, l'imperatore Enrico vuole che fra noi sia tolta ogni uggia; e di nostra parte più non ne abbiamo.


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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano
1864 pagine 522

   





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