- Che so - lo dicevano l'arcivescovo di Ravenna.
- Lui?« sclama Laidulfo sorpreso e resta un istante mutulo: poi soggiunge »Guaidalmira tu non ci andrai - decisamente, no, non ci andrai.
- Sì babbo« risponde la giovinetta».
Ed intanto cacciava di sotto il gamurino una soffoggiatella, ed imbandiva sulla tavola alcune croste di pasticcio, della carne arrosto ed altri frusti di desinare comprati alla trecca.
Allora si udì picchiare all'uscio.
- Entrate« disse Laidulfo, sedendosi ad uno scanno per dar cominciamento al pranzo».
Erano due persone imbacuccate fitte fitte nel mantello, una che portava in mano preziosa fiala di nanfa ed odorava, come fosse costretto respirare aria palustre, l'altra che restò alla finestra del corridoio a guardar nella corte.
La casa che abitava Laidulfo era una topaia in vasto, nero e sdrucito edifizio. Vi si saliva per lunghissima e tortuosa scala che metteva capo in un corridoio, alla cima del quale era una finestra ed una porta. La porta introduceva al bugigattolo di Laidulfo; la finestra dava sulla corte.
La persona che vi era restata, guardava tutto attento una processione; perchè di rincontro a lui, ad un angolo della corte, si vedeva aperta una cappella o chiesetta.
Precedeva la croce, seguivano dei preti vestiti solamente di cotta e di stola nera, altri di piviali e dalmatiche anche nere: poi due becchini o monatti con una barella sul dorso, e dietro il popolo. Ma qual popolo? Gente vestita a metà di sacco nero; parte della quale aveva la pelle brizzolata come quella della tigre, a chiazze gialle o rosse sparse per tutta la persona, larghe e spesse; parte coverta di macchie annerite già, duro il cuoio come quello dell'elefante, gonfio il naso, le sopracciglie cadute.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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