Altri di maggior numero, avevano queste impronte coperte di squama bianca, come il ventre del luccio. Altri infine carichi di ulcere sordide, la fronte tubercolata a porri violacei, il naso gonfio, cadute le unghie ed i capelli, varii punti della persona ingangreniti, gli occhi vitrei ed immobili. Atterrito e stomacato dall'aspetto di quegli esseri, i quali della classe umana non avevano ormai che la coscienza di loro degradazione ed i dolori atroci che non li lasciavano posar mai, quel signore, quasi per riposar lo sguardo, lo volse alla barella dei monatti, credendolo volgere ad un cadavere. Ma il raccapriccio aumentò. Perocchè i monatti, giunti avanti l'altare, poggiano a terra la bara, ed un residuo d'uomo vi si rizza sopra a metà.
Non aveva capelli, la testa coperta d'ulceri sordide, il volto turgefatto e difforme in guisa d'aver perduto l'aspetto umano per pigliar le somiglianze del lione, con i medesimi grossi tratti, le medesime sporgenze degli zigomi, il resto del corpo ammagrito, vizzo, labefatto, coperto solamente di cuoio squamoso, nerastro, ulcerato, le estremità ingrossate e fatte torpide ed inflessibili. Questo disgraziato, spogliato de' suoi panni, mentre i preti cantavano il De profundis fu vestito di nero sacco e bagnato d'acqua lustrale. Poi lo tornarono a stendere come morto sulla bara, onde avvertirlo: che il mondo si separava da lui; che non poteva entrare in altra chiesa fuori di quella, non in mulino, non in forno pubblico e tremolasse pure di freddo nel fitto gennaio; non lavarsi le mani in fontane o ruscello; non toccare oggetti o derrate che con l'estremità di una bacchetta armata di tre tabellette di legno per far rumore; infine non togliersi più di dosso il nero cencio, che all'esecrazione pubblica lo designava, neppure per discendere nella fossa.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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