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      Appoggiano scale alle mura per isfondar le finestre; appiccano il fuoco alle stalle. Cencio allora sgomentato si gitta ai piedi del pontefice e supplicandolo di perdono:
      - Mercè! santo padre, sclama novellamente, mercè se ho oltraggiata la vostra tremenda persona.
      - Non avete oltraggiato noi, Cencio, risponde Ildebrando, perchè noi siamo l'ultimo servo dei servi. Voi avete vilipesa la terribile maestà di Dio; ed a lui volgetevi per dimandargli perdono.
      - Se mi perdonerete voi, pontefice, mi perdonerà ancora Iddio che giudica la terra col vostro consiglio.
      - E siete voi pentito davvero, Cencio, oppure temete la giustizia degli uomini, che è qui per dimandarvi ragione del sacrilegio?
      - No, pontefice. Nella cecità della mente io vi avevo mal giudicato. Io vi apponeva sentimenti che in voi non trovo adesso. Lasciatemi pure allo sdegno degli uomini, se volete, ma voi perdonatemi, e restituitemi la vostra stima; perchè io porterò mai sempre cordoglio di aver vituperato un nobile e santo uomo.
      - Ma non sarebbe codesta ipocrisia, Cencio, ed un proponimento di voltarsi a vita migliore, come tante altre volte nelle angustie avete fatto, e poi, uscitone, ricominciare peggio d'assai?
      - No, pontefice. Io sono veramente addolorato di avervi offeso. I vostri nemici vi avevano calunniato. Le opere vostre erano torte e forviate. Io non vi aveva mai conosciuto sì da vicino e sì grande. Io mi condussi a vendicarmi di torti che credetti aver da voi ricevuti per sola malignità o per gelosia di potere, e per gusto che avevate di altrui mal fare.


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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano
1864 pagine 522

   





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