Mi reco in Germania dall'imperatore Enrico, cui porto lettere di papa Gregorio. All'ascensione del San Gottardo il mio cavallo si è azzoppato. Mi sono fermato alquanti dì ad Altorf onde farlo riposare, sendomi desso prezioso come amico. Malgrado ciò, vedo che gli è impossibile proseguire il viaggio. Prego perciò vostra mercede accordarmi ospitalità fino a che il mio corridore non si rimetta.
- Noi vi rendiamo grazie, bel cavaliere, dell'onore che vi piace farci, dimorando nel nostro castello. E non solamente vi concediamo l'ospitalità che ci dimandate, ma vi preghiamo prolungarla per quanto sarà compatibile coi vostri doveri, e di usare della nostra corte in tutto quello che possa tornarvi a diletto.
- Molte mercè, monsignore, soggiunge Baccelardo. La fama che tanto nobilmente suona di vostra cortesia mi rendeva sicuro del generoso accoglimento che mi fate.
Allora si trae innanzi Goffredo di Buglione e parla:
- Duca di Svevia, il re Enrico si querela con voi che non abbiate tenuti gli accordi posti ad Eschenweg. Il 22 ottobre è passato. Al campo di Gerstungen son convenuti tutti i baroni ed i castellani di Lamagna - meno vostra grandezza, Guelfo di Baviera e Bertoldo il carintio.
- Monsignor di Buglione, risponde Rodolfo, l'imperatore Enrico non ha ragione di dolersi di noi. Come suo cognato e come principe dell'impero, noi abbiamo oltrepassati i nostri doveri per secondare i suoi divisamenti. Ora basta. La ragione e la coscienza c'impongono certi limiti, al di là dei quali più non ci faremo trascinare, perocchè quaggiù dobbiam guardarci l'onore; oltre la tomba, l'anima.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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