Dopo un'ora però quel nebbione si dirada alquanto; ma un muro di ghiaccio, elevato, quasi a picco, si para loro di fronte.
Le guide si guardano in faccia, e stanno lì presso a proporre di tornare indietro, tanto più che alla nebbia era succeduto il garbino. Se non che, rianimati da Baccelardo e punti da Enrico che li chiama cuori di damme e mal pratici, Giacomo si avventura alla scalata del baluardo. Con le azze cominciano a tagliare un sentiere nella spessezza del ghiaccio, un sentiere a forma di scaglioni serpeggianti onde avessero potuto inerpicarvisi anche le cavalcature, aiutate dagli uomini. Questo lavoro riuscì a maraviglia, quantunque pericolosissimo. Da poichè, se un piede veniva meno a qualcuno, rotolava nell'abisso e perdevasi sotto un trenta piedi di neve. Come però furono sull'erta di quella piattaforma, il vento li prende più gagliardamente. Tentano fare ancora alcuni passi, ma torna loro impossibile. Imperciocchè vedevano calar giù precipitosi dalla vetta immensi castelli di neve girati a turbine, innanzi a cui nulla poteva resistere. Si gittano perciò bocconi sulla neve, si accollano a qualche sporgenza di roccia, e di lontano odono ruinar le valanghe, screpolarsi il ghiaccio sì che ne tremava tutto il monte, muggire il vento furibondo che passava sui loro corpi, trascinando turbini di neve, grandi come palagi di sovrani. Erano intirizziti. I loro volti sformati, fatti piombini; gli occhi sanguigni; l'alito gelato; il respiro difficile. Intanto mezzo le persone restavano seppellite nella neve.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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Baccelardo Enrico Giacomo
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