Enrico lo accolse con ogni segno d'amorevolezza, ed egli, dopo essersi seco lui congratulato del prospero arrivo in Italia:
- Sire, disse, vi domando il permesso di presentarvi il clero ed i nobili della vostra fedele Lombardia, i quali al pari di me desiderano profferirvi ossequio.
Quella parte d'Italia chiamavasi allora quasi tutta Lombardia.
- Mercè a voi, monsignore, rispose il re, che in questi generali dissidi mi avete mantenuti obbedienti i miei bravi Italiani.
- Sire, soggiunse l'arcivescovo, io conosco di buon lato che Vostra Altezza soffre questi guai per aversi meco voluto mostrar grazioso ed avermi colmo di favori. Quel diabolico uomo di mastro Ildebrando non perdona mai per proprio stile; me poi non vuole udire neppure se dovesse dannarsi, e semina i triboli sopra quanti usano meco e di grazie mi largheggiano. Ecco donde la frega di toglier via le investiture, di abolire le mogli, e' che già si ha rubata la mia, e le liti che v'intenta per avermi fatto arcivescovo. Vedremo, però, chi di noi vincerà la puntaglia. Io sono già alla testa di ottocento lance e duemila balestrieri a piedi. Gli altri prelati e signori italiani vi formano esercito meglio di quattromila cavalli e diecimila arcadori, tutti pronti al vostro cenno e caldi di entusiasmo, per morire con voi o vincere.
- Ed il resto d'Italia, monsignore? dimanda Enrico pensieroso.
- Del resto d'Italia, sire, quelli che ricordano la vittoriosa memoria di Enrico III, trepidano, e predicono giorni funesti. Dappoichè duole ad ognuno la guerra cittadina ed il guasto della patria.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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