Guadato il fiume, lo sguardo di Enrico s'ingolfò di subito in una gola di monti. In mezzo a quelli, - monte Atesio e costa di Grassa, - questo sguardo si urtò ad un burrone che si levava a picco comme una zanna. Brullo, tormentato, dirupato era il burrone. A cima di esso però elevavasi una vasta rocca, che, increspata il dì dal pulvinio della neve, ed ora indorata dagli ultimi raggi del sole sanguigno, scintillava quasi fosse incrostata di ardenti carboni. Era Canossa. Enrico si arresta; gli occhi divaricati ed immobili si fissano su quel fatale castello folgorante come un'aureola. La foga dei pensieri e degli affetti produssero nell'anima del re come una nebbia, in cui, vedendo tutto vago e vertiginoso, dispera penetrare. Dà quindi di sprone, si lascia a destra il forte maniero di Rossena, e per la straduzza di Grassano che costeggia Rio di Vico se ne viene a Vico di Canossa, a piè del castello.
Non vi si fermò; anzi mosse subito per Canossa, avendo saputo da corrieri dell'arcivescovo di Ravenna e del vescovo di Vercelli, che la contessa Adelaide, dopo aver venduto a lui il passaggio delle Alpi, era discesa in Italia a spargervi la nuova di sua venuta. Per lo che gl'Italiani, che ora lo circondavano, si erano uniti al bando di Guiberto; e mentre questi, chiuso il concilio di Pavia, cavalcava la notte per alla volta di Torino, Gregorio, della presenza del re in Italia spaventato, la notte istessa erasi andato a rinchiudere nel Castel di Canossa con la sua bella penitente Matilde.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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