Ildebrando sedeva ad un trono di legno di quercia, ricco di intagli a gotici disegni e colonnette attortigliate, elevato da terra e collocato dentro una nicchia dello stesso legno, medesimamente scolpita. Sopra un tavolo, ad un angolo della stanza, poggiava il camauro. Egli poi si teneva ad un altro tavolo alzato al livello del petto con mobile da scrivere.
Vestiva gli abili ponteficali, sfarzosi di ricami d'oro e di fimbrie intorno al collo, all'apertura del petto ed alle maniche. Ai piedi aveva i sandali bianchi ricamati della croce d'oro; in testa il rosso berretto che gli lasciava scoverta a metą la calva fronte e mirabilmente faceva risaltare quella sua nobile fisonomia, la quale forse non piaceva a causa di quell'aria accigliata che la troppo severitą le dava. La bianca barba gli scendeva profusa sul petto. Tutto intento, ovvero fingendo di esserlo, alla scrittura, non fece cenno di accorgersi della presenza del re, sia per umiliarlo ancora, sia per imporgli con la sua maestosa figura. Ed Enrico, che aveva sorbito l'ostica bevanda fino al limo, battendo i denti del freddo, i panni bagnati ed agghiadati sulla persona, sformato in viso dal gelo e dall'interna lutta degli affetti, bilanciava tra il partire definitivamente e rompere quella tirannica catena di obbrobrii; interromperlo nella scrittura ed avvisarlo di sua presenza; avventarsegli addosso ed ucciderlo. E questo nero pensiero, pił seducente e pił ostinato, gli tornava d'innanzi, talchč forse lo avrebbe vinto, se Gregorio, vergognando in sč stesso del dilegio in che prendeva quel caduto, non avesse alzata la testa e mostrato avvedersi di lui.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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Enrico Gregorio
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