Ma come Enrico sorse in piedi, e la taglia maestosa e l'aspetto ardito dissiparono quanto di supplice aveva avuto fino allora, sì che il pontefice ne era restato commosso; questi cambiò istantaneamente, e dimenticando il penitente per vedere il re, dimenticando il contrito per ricordare l'offensore, e l'avvilito per temere l'uomo terribile e minaccevole, fattosi novellamente aspro e severo dimandò:
- Ma sei tu dunque veramente pentito, Enrico di Germania?
Enrico allora gli mise addosso gli sguardi torvi e rispose:
- Ti sembrano dunque poche, o pontefice, o ancora dubbie le prove che te ne ho date finora?
- Uomo, hai tu dunque obbliate le colpe che cotanto magnifichi la penitenza? Ma se tu l'hai dimenticate, non l'ha dimenticate già Dio, nè colui che lo rappresenta sulla terra come supremo giudice degli uomini.
- Pontefice, se ti ha indotto nell'errore di avermi per reo la mia umiltà, ricrediti. Io mi sono presentato a te non come all'uomo, nè come al tribunale dell'uomo, perchè sulla terra alcuno non mi sovrasta, ma come al vicario di Cristo, come al sacerdote che Iddio raffigura. E se avanti al mondo io sono puro, al conspetto di Dio non posso vantarmi di esserlo. Tu però hai malamente tenuto il luogo del Signore della misericordia.
- Ah! son dunque falsi gli atti dei conciliaboli di Worms e di Pavia, che ci calunniarono così vilmente e ci deposero dalla sedia di Pietro? Il priore di Lacedonia, da noi perseguitato come infame, non fu da te creato arcivescovo di Ravenna per vilipenderci?
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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