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      - Re di Germania, tu ed i tuoi seguaci ci avete accusati di aver, per simonia, usurpata la santa sede, macchiato di sacrilegi il santuario e la nostra vita di nefandi delitti, sì che avevamo meritato bando dall'altare. Potremmo confondere la calunnia con la testimonianza dei vescovi, che sanno come noi fossimo vissuti e nel chiostro e ministro dei papi, e collocato sul settemplice candelabro del tempio. Pure, perchè nessun'ombra offuschi lo splendore tremendo della tiara, non ci appelliamo alla giustizia degli uomini, ma provochiamo il giudizio da Lui che scruta i cuori e trova macchie nel sole. Il corpo vivente di Cristo, che dobbiamo inghiottire, attesti al conspetto del mondo l'innocenza del suo vicario. Iddio onnipossente dissipi quest'oggi il sospetto se siamo incontaminati, ci fulmini di morte se rei.
      E sì dicendo, acclamato da tutti, inghiotte la particola. Indi si volge ad Enrico e favella:
      - Fa ciò che noi facemmo, figliuolo, e chiama in testimonio l'Eterno che il tuo cuore non si è ribellato alla Chiesa. I tuoi accusatori, e sono tutta la Germania, vogliono che tu sia giudicato; appéllatene dunque a Dio che solo non può essere ingiusto. Eccoti l'ostia consacrata: se peccasti, non farti reo ancora del sangue e del corpo di Cristo. Ma se sei mondo di colpe, vinci con questa prova le accuse, suggella ai tuoi nemici la bocca, e guadagnati un difensore nel papa.
      Enrico, dopo tante prove, si vedeva ancora esposto ad un giudizio di Dio - in quell'epoca tremendo sopra ogni giudizio.


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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano
1864 pagine 522

   





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