Vedevano rassodarsi il dispotismo teocratico del pontefice e lo temevano nemico più aspro, che Enrico mai non si era mostrato contro lo spirito di municipio e la costituzione dei comuni che allora cominciavano a pigliar vita. Per lo che, non dissimularono nè il loro sdegno, nè il loro sprezzo contro Enrico, che aveva siffattamente prostituita la dignità di re e la maestà dell'impero, nè il loro corruccio contro il vescovo di Roma che all'impero si sostituiva e sovraponeva. E di là comprendendo quanta arroganza avrebbe addimostrata per l'avvenire un pontefice, già per sè stesso intollerante e dispotico, contro di lui bandirono guerra, contro Enrico disdegnosi tumultuarono.
Ma Enrico non era tal uomo da non saper profittare dell'opportuna disposizione degli animi. Da Canossa si reca tosto a Reggio, dove vescovi e signori lo attendevano per penetrar chiari nei suoi disegni, e sapere a quale determinazione pensasse attenersi. Egli si giustificò. E lo credettero. E non vi fu più mestieri di sprone per mettersi sulla via di rompersi con Gregorio.
La guerra si dichiarò. Gli antichi amici di Enrico di Germania scesero in Italia. Da ogni terra italiana a storme cavalcavano militi al campo di lui, ed i nobili gli prestavano omaggio, gli giuravano fede gli ecclesiastici, forniva la plebe vettovaglie e danari.
Vuolsi che a quell'epoca, in un eccesso di divozione, avesse Matilde dichiarata la Toscana e la Liguria, paterni ed assoluti dominii, patrimonio di S. Pietro. Questa donazione però, è contestata da gravi e spassionati scrittori, ed assai dubbie sono le tracce negli antichi cronisti, sì che i soli spigolisti vi leggono chiaro.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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