Laonde alla tornata del domani, Ottone di Nordheim dichiarò ai principi ed ai legati: che, essendosi stabilita la deposizione di Enrico, gli era pericoloso lo attendere; mal condursi senza capo il governo, non patire l'intervento del papa nè le leggi, nè l'onor dell'impero, e che avrebbero creato il novello monarca senza aspettarlo niente affatto.
Per lo che, non curando le contestazioni dei legati, le diverse classi dei nobili si divisero in separate consulte. Ma siccome ciascuno aveva particolari interessi ed ambiva guadagni dalla qualità di elettore, così presero a metter fuori pretensioni, patteggiare, aprir mercato, sì che di tanto solenne attributo si sarebbe fatta vendereccia prostituzione, se i legati, assumendo dritto di regoli, non avessero dato in sulla voce ai petulanti ed agl'ingordi. Stabiliti prima alcuni canoni generali, i nobili ed il popolo delegarono ai prelati alemanni la prerogativa dell'elezione. Sigofredo, arcivescovo di Magonza, che aveva il primo voto lo diede a Rodolfo di Svevia. Adalberto di Wurzburg imitò Sigofredo; e l'esempio dei capi trasse dietro l'assentire del clero. Ottone, Guelfo e Bertoldo aderirono alla sentenza dei vescovi. I legati la sanzionarono, sapendo come caro a Gregorio fosse lo Svevo, per età, per costumi, per nascimento ed ingegno a quell'onore non disadatto.
Però come a Rodolfo, nel letto travagliato da febbre, Ottone di Nordheim, commissario della nazione, andò a recarne novella, quegli titubante rispose:
- Mercè, conte, dell'onor sommo donde i principi di Germania m'investono.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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