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      L'insieme di quella donna, che sarebbe stata la demenza della voluttà per l'armonia delle forme, era una maschera, era una larva, era un prodigio d'insensibilità, era un miracolo d'amore mancato. Iddio aveva obliato di mettervi una scintilla. Nulla in lei rivelava l'innocenza, quella che unicamente rende sì seducenti le madonne di Raffaello. La sua purezza significava ad ogni analisi che la era una negazione di sensibilità e di sentimento. L'aria beata che la circondava della sua aureola non era luminosa, non era come quelle brezze della sera delle coste della baia napoletana, che vi seducono, vi commuovono, vi elevano a Dio di cui sembrano il respiro. Tutto in Matilde tradiva la divota, l'ascetismo spinto al fanatismo. Però non il disprezzo della terra per elevarsi alla compenetrazione con Dio - con l'infinito - ma l'oblio della creatura - cioè l'oblio di tutto quanto soffre, pensa, ama, piange.
      Matilde teneva alla terra per la punta d'una spada, di cui aveva messa l'elsa in mano al pontefice - cioè per l'ambizione, per il dominio, per servirsi della creatura come il villano si serve dell'ingrasso per far germogliare le spighe nei campi, i fiori nel colto.
      Lenta a pensare, a muoversi; flemmatica nelle risoluzioni, quasi le scolpisse in un blocco di bronzo e perciò irremovibili; fisa con uno sguardo catalettico nello scopo, non comprendendo lo spasimo della carne e dell'anima; contando le miserie dell'esistenza come una elevazione verso Dio, e perciò, quando anco le comprendeva, rinculava dall'addolcirle; dando a tutti i sintomi del rigoglio della vita un significato di colpa e di degradazione - un eco del peccato o un peccato - considerando l'autorità come un'emanazione da Dio, e perciò incarnata nel papa, e perciò imperdonabile ribellione contro Dio quella contro il papa; Matilde fu nel suo secolo, fu pel suo popolo, era per i suoi vassalli in quell'ora come una lama di Toledo, che non brilla, non si spezza, non si riscalda onde percuotere, non resta mai curva, che è sottile, fina, fredda, elegante, graziosa, aristocratica, inesorabile, anche un vezzo od un ornamento se occorre, che non ha che la punta, e che dovunque tocca lascia uno stigmata, spicca il sangue, porta la morte - strumento sempre di castigo e di dolore.


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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano
1864 pagine 522

   





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