In effetti non passò guari ed udì lieve rumore, e la porta si schiuse. Egli corre verso l'uomo ravviluppato nella bianca cappa, il quale lento alla sua volta andava, e tendendogli le braccia al collo sdama:
- -Boemondo!
Colui si svolge dal manto, e gittandoselo dietro ai reni in una col berretto, risponde:
- Non è desso, Alberada.
- Monsignore! grida questa, perchè il romeo era appunto Alberada: e tirandosi un passo dietro soggiunge: Monsignore, che cercate qui, a quest'ora? Io aspettava mio figlio.
- Egli verrà pure, Alberada, risponde Roberto lentamente, ma deh! non ti rincresca che anch'io goda un'altra volta la delizia di parlarti liberamente, e dimandarti perdono dell'onta che ti feci.
- Voi non avete bisogno di dimandar perdono, sclama Alberada commossa nella voce, io non vi ho mai odiato, nè mai chiesi vendetta. Iddio mi aveva destinata a percorrere una via di triboli; la sua volontà si è compiuta. Cessate dunque dal dimandarmi mercè. La colpa non è vostra.
- Io fui un forsennato, Alberada, prosegue Roberto, la gelosia mi tolse la ragione. Io ti aveva amata come niuna donna ho saputo di poi amare di più. Andava sicuro che il tuo cuore non avesse mai palpitato per altr'uomo che per tuo padre e per me, che il tuo pensiero non si fosse rivolto che a Dio ed allo sposo. Sapere invece che diverso affetto ti riscaldava, udirlo d'altrui quasi per celia, così, come si racconta di Ginevra e di Lancillotto nelle veglie d'inverno, udir che invita ti recasti al mio talamo, e che era passione per incognito abbietto che ti stendeva nel sembiante quel velo di mestizia e ti faceva trascorrere lugubri giorni!
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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