E poi, o Roberto, col lungo soffrire tutto acquista una tinta squallida, come l'itterico vede giallo ogni oggetto. Consolami dunque di quest'ultima gioia; fa che ritorni la pace tra i due fratelli, tra i quali mi ha gittato fatale destino a cui presento dover soggiacere; e poi che io muoia, perchè sento di restare inutile ed arida sulla terra.
- Io verrò a Roma, Alberada, ed il tuo volere sarà pago. Tu però non andrai incontro alla sconfortata solitudine che ti minacci. Vi è ancora sulla terra qualcuno che ti ama col delirio dei venti anni, che non trascorre giorno senza consacrarti un pensiero, talvolta una lagrima, cui Iddio accetterà in iscomputo della sua colpa. Tu hai ancora un figlio, un generoso e prode giovane cui sovente ho veduto lagrimare di furto dove occorse favellare di te. Tu hai amici ancora, hai il novello tuo sposo Clemente III, che perciò solamente mi sentirei inclinato a favorire. E costui, e noi tutti che non faremmo per te? Tu devi essere assolutamente una santa, Alberada, che non covi odio contro Ildebrando, e vuoi a lui tornare angelo di conforto e di speranza! Iddio non ti lascerà sconsolata. Tu non andrai a seppellirti in un chiostro a finirvi oscura e solitaria una vita sì nobilmente spesa!
- La mia sorte è decisa, Roberto. Se io fossi stata destinata alla gioia, Iddio non me l'avrebbe interrotta nel più bel punto che la teneva. Le mie condizioni peggiorano ogni giorno; mettiamoci un ostacolo. Soffrirò un supplizio di cuore, ma i fatti crudeli di coloro che per vincoli santi di amore a me si attengono non giungeranno fino alla mia solitudine.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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