Ed aspettarono sicuri che il furor prima degl'invasori fosse ammansito. Questo furore però e questa libidine d'oro e di sangue nella truppa del duca non si spense così tosto; nè desso per due dì fu veduto. Colpito nel cuore dalla doppia morte della contessa Alberada e di Baccelardo, dal rimorso travagliato, da incognito, segregato e romito visse nel monistero di San Paolo. Però al terzo giorno comparve, e recatosi al Vaticano trovò Gregorio, nel mezzo dei suoi capitani, intento a proscrizioni ed a scomuniche. Vanamente Gregorio aveva provato destare il suo partito. Non cardinale, non vescovo, non prete, non nobile, non cittadino attorno a lui volle recarsi. Tutti lo accagionavano di tanto danno; tutti lui incolpavano se all'ebbrietà del vincitore non si metteva freno. Sicchè più del Guiscardo, più del saraceno stesso, lui abborrivano e come traditore del suo paese dannavano a morte.
Al terzo giorno di quell'orgia di sangue però il popolo si scosse. Cencio, il duca di Cosheim, che dentro Roma con un manipolo di soldati tedeschi si era fortificato nel septifolium, alcuni patrizii ed Oddo s'accorsero dell'ammutinamento, ed uscirono dalla mole di Adriano. Indi stuzzicando i più timidi, infiammando i più audaci, allestirono conventicole, raccolsero, aizzarono, armarono il popolo, ed uniti in grossi drappelli piombarono addosso alla truppa del duca di Puglia.
La colsero alla spicciolata, avvinazzata, stanca, scarsamente armata, indebolita dalle veglie e dalle libidini su per lupanari e per chiese.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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