Per modo che, soventi volte la retroguardia fu costretta far alto, tanto da tener testa alla plebe petulante che si avventava loro addosso furiosa e burliera.
E cosė Ildebrando esulava da Roma, cui per trentacinque anni aveva contristata di sue innovazioni, di sue pretensioni, col dispotismo, col renderla scopo dello sdegno di tanti nemici, coll'istrapparle il residuo di libero governo che ancora le rimaneva, con farla devastare e bruciare da eserciti stranieri, e spogliarla di ricchezze, di onore, di virtų, di brio e di valore, con imporle infine il teocratico giogo, cui da lui in poi, per sforzi che avesse fatti e molti e generosi, non ha saputo mai pių togliersi. Egli ne usci corrucciato, fiero nel volto e nei pensieri, disprezzandola, maledicendola, disegnando in sua mente tornarvi, quando che fosse, come il Guiscardo vi era venuto, e punirla della ribalda fellonia. Ne usciva esecrato, schernito, vilipeso per porta Lateranense - nel punto stesso che il fratel suo, tanto perseguitato ed odiato, l'antipapa Clemente, festeggiato e tra le ovazioni del popolo vi entrava per porta Toscana.
Roberto, alla testa del suo esercito, precedeva il pontefice. Al suo fianco cavalcava la duchessa Sigelgaita, cui teneva dietro il suo novello scudiere e favorito, Rolando da Siena.
II.
Queste colte sull'Emo,
Queste colte in Tessaglia erbe omicidePieghin colui che del mio mal si ride.
REDI.
Sigelgaita procedeva a fianco del suo consorte cupa e distratta. Rispondeva a monosillabi, o non rispondeva niente affatto alle domande che questi le indirizzava - e molto meno a quelle del pontefice che, dopo aversi lasciata Roma alle spalle, dal corpo dell'esercito era passato alla fronte.
| |
Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
|
|
Ildebrando Roma Guiscardo Lateranense Clemente Toscana Sigelgaita Rolando Siena Emo Tessaglia Roma
|