Ecco, santo padre, ciò che potrete dire a Dio, perchè non ascolti la maledizione di vostro fratello!
- Iddio mi ha perdonato, mi ha assoluto, con voce che appena s'intendeva, sclama il pontefice; e perchè amai la giustizia ed odiai l'iniquità, muoio in esilio.
- In esilio! prorompe il cardinale Ugo Candido, ridendo satanicamente; ma non sei tu il vicario di Cristo che ti diede in retaggio i suoi popoli, ed alla sua giurisdizione segnò per termine i confini del mondo?
Ildebrando a quest'ironia non risponde: piega la testa sul petto e ve la lascia cadere abbattuta. Guiberto ed il cardinale si accostano, Guaidalmira alza gli occhi per guardarlo: era morto!
Guaidalmira gitta un grido acuto e straziante e stramazza distesa sul suolo.
Così ai 25 di maggio 1085, dopo dodici anni, un mese e tre giorni di regno, moriva Gregorio VII, il più ardito dei pontefici.
Grandi vizii, grandi virtù lo distinsero. Ed a gloria del vero i vizii furono del secolo, le virtù dell'uomo. Imperciocchè, in un secolo di dubbiezze, che ondeggiava ancora fra la barbarie del X secolo e la luce incipiente del XII; in un secolo in cui la passione di municipio ed il parteggiare destavasi per dar vita ai Comuni; in un secolo di scisma, dove la feudalità tendeva al dispotismo ed il popolo ad affrancarsi; in un secolo in cui non vi era ragione fuor di quella delle armi, non virtù fuori del valore e del coraggio, non religione perchè la più corrotta parte di quella società rappresentavano gli ecclesiastici, e la superstizione dei secoli passati infiacchiva senza meglio stabilirsi lo spirito del Vangelo; in un secolo in cui la bellezza non aveva culto, la verecondia non era merito, non avea ostracismo l'oltraggio ai diritti delle nazioni, degl'individui, della pietà; in un secolo infine nel quale tutto era disquilibrio, dubbio, decadimento, i vincoli di una società usata cadevano per vetustà nè ancora la novella società si aggruppava; io dimando, se uomo, a tanta altezza collocato, poteva mostrarsi più forte e più santo di che Gregorio si mostrò? Egli vedeva che tutti i pinacoli sociali del suo tempo tendevano alla monarchia, ed avvisando che l'Evangelo fosse esso stesso codice monarchico, dispotismo teocratico bandì, e non lasciò mezzo intentato, buono o malvagio che fosse, impuro o santo, per rassodarlo.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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