In quel vasto teatro egli poteva intraprender tutto. Egli era risoluto a non rinculare innanzi a checchessia. Da due ore in qua, il genere umano si rizzava davanti a lui come un nemico, cui egli odiava e che lo disprezzava.
Quando Don Diego espresse questa idea, Bambina, che lo ascoltava attentamente, fece sembiante di andare in busca di qualche cosa: temeva di mostrare la sua viva commozione.
Don Diego maturò questa risoluzione per parecchi giorni; dimandò consiglio al conte di Craco, il solo individuo ch'egli stimasse, la famiglia del quale Bambina e lui visitassero unicamente. Il conte approvò il progetto di Don Diego. Fu fermo. Ma lo si tenne nascosto.
Per render servigio a questa famiglia fulminata, il conte di Craco le comperò la casa ed il giardino, - a condizione di riscatto fra dieci anni, - e si lasciò fissarne il prezzo dal notaio. Il conte non volle spigolare dietro la sventura. Il notaio stimò largamente l'immobile cinquecento ducati: 2200 franchi. L'era tutta la fortuna degli eredi del sarto, il salario cumulato di trent'anni di lavoro e di parecchi giorni passati senza pane.
Don Diego non si credeva così ricco.
I testimoni che firmarono l'atto di vendita, il ricevitore del registro, propagarono la novella. Tutto il borgo fu istrutto della partenza di Don Diego. Si conobbe allora la sentenza d'interdetto pronunziata dal vescovo.
- Gli sta benissimo! dicevano gli uni, - i preti sopratutto, l'arciprete il primo, e dietro a lui i piccoli borghesi che Don Diego non aveva degnato vedere.
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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano 1874
pagine 387 |
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