Bambina cominciò a perdere il suo contegno calmo. Il cane restava al suo posto. Il conte gli fece passare un collare per condurselo a casa. Bisognò trascinarlo, strangolarlo, prenderlo in braccio per distaccarlo dalla casa. Non mordeva, gemeva come una Maddalena. Ciò scosse Bambina. I suoi occhi si umettarono. Infine bisognò lasciare quella dimora.
Don Diego ne uscì il primo, a passo fermo ma celere. Non osò voltarsi indietro. Era eccessivamente pallido. Le sue mani ed i suoi labbri tremolavano; la sua parola era male articolata. Bambina fece il giro della casa, ne uscì a passi lenti; ma, varcando la soglia, le sue lagrime esplosero, il singhiozzo la soffocò. Si sentì annichilita. Le parve mettere il piede sul vuoto e rotolar nell'abisso. Il conte le prese paternamente la mano, le diede il braccio, e la tolse via da quella porta ove la era caduta a ginocchio. Don Diego era partito e tirava su senza fermarsi. Premeva la mano sul cuore per reprimervi la tempesta. Bambina, annegata nelle lagrime, disse addio al conte e salì in vettura. Don Diego si fermò un istante per susurrare all'orecchio del conte:
- Al capezzale del mio letto, sotto i mattoni, è la cassa dei mille fucili che sapete. Li farete trasportare a Cammarota, al P. Giuseppe da Saponara, che ne conosce già il destino ulteriore o che gli sarà comunicato a suo tempo da Carduccio. Coraggio e costanza! - Dite a Tiberio di esser prudente. Bisogna esporre la vita, ma non isciuparla per nulla.
- Sarà mia cura. Addio.
- A rivederci in tempi più prosperi.
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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano 1874
pagine 387 |
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