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      Don Diego andò a passeggiare alla sponda del mare, la testa piena di pensieri, il cuore pieno di dubbi. Quella conversazione cinica apriva innanzi ai suoi occhi un nuovo orizzonte. Rientrò tardi, molto distratto e silenzioso. Egli meditava le proposizioni, - cabalistiche allora per lui, - seimila ducati per esser vescovo! un secreto di Stato! un servizio alla polizia! un confessore per sua sorella! una mina!... Ei levò la testa e scorse in faccia a lui Bambina che lavorava. Ei la contemplò lungamente. La vedeva forse per la prima volta. Poi si alzò di balzo e prese la volta della sua camera senza schiudere le labbra.
      - Non mi abbracci dunque questa sera? disse Bambina. Cosa hai dunque? Non mi racconti la tua visita?
      - No, rispose Don Diego. Non ti racconto nulla. Questa città è un inferno popolato di vigliacchi e d'infami.
      Ed uscì. Bambina sclamò sorridendo:
      - Mio caro Seneca, io vorrei che il tuo inferno fosse almeno un poco più caldo, perocchè ti confesso che io agghiado, e ti prevengo che domani bisogna comperar dei carboni.
      L'indomani, questa povera famiglia fu risvegliata alle sette del mattino da un birro che veniva ad ordinare a Don Diego di presentarsi di nuovo al commissario di polizia, a mezzodì. E gli estorse due carlini per essersi... scomodato!
      - Che mi vogliono ancora? mormorò Don Diego. Non mi sbarazzerò dunque giammai di codesta orrida ribaldaglia.
      All'ora indicata, nondimanco, si trovò alla presenza di Campobasso, il quale lo ricevè con un piglio più brutale che mai.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





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