Si può immaginare se i RR. PP. furono contenti di questo acquisto. La fortuna entrava per qualche cosa nella loro gioia. Però il rumore della conversione, la posizione sociale, le funzioni riempite, il carattere dell'uomo, li incantavano anzitutto. Essi non ignoravano i rumori che correvano sull'assassinio della contessa, gli ordini di Francesco IV sì terribilmente motivati. Ma ciò aumentava al contrario l'importanza della presa, "ed il trionfo della religione sull'autore del male."
Il diavolo, "l'autore del male", era desso veramente vinto? Ahimè! no. Quando la madre del conte Alberico impegnava suo figlio, con le lagrime agli occhi, a fuggire ed andare ad attendere in uno Stato vicino la revoca del decreto ducale.
- No, rispondeva egli. Io non ho ricevuto dagli uomini che del male. Voglio vendicarmi di loro. M'ingaggio fra i gesuiti e vado a lavorare all'opera loro!
Egli non conosceva ancora i RR. PP. e li giudicava come la gente volgare, che se ne fa stolidamente una befana.
Non già ch'ei non avesse qualche pentimento, qualche cordoglio, qualche rimpianto, durante i tre anni che mise a girare intorno al Capo a Tempeste del noviziato, esatto della regola di Sant'Ignazio. La navigazione fu difficile. Ma ciò fu tutto. Una volta trasformato nel P. Piombini, un mondo nuovo si aperse innanzi ai suoi occhi: quel mondo della notte, popolato di fantasmi e di stelle, che addimandasi il dominio delle coscienze, l'ultramontanismo, il partito cattolico, il clericalismo, il gesuitismo, di cui i profani esagerano tutto, - la profondità, l'estensione, la potenza, le tristizie, l'influenza, la capacità, l'azione, la presa sulle anime.
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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano 1874
pagine 387 |
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Francesco IV Alberico Stato Capo Tempeste Sant'Ignazio Piombini
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