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      Che ti direi? noi ci siamo studiati così per tre ore. Imperciocchè, tenendo sempre il suo orecchio incollato al graticcio, di destra o di sinistra, il reverendo Padre non ha cessato un solo istante di squadrarmi. Si sarebbe detta una sfida di fascinazione reciproca! Io sono stata vinta. Ho abbassato gli occhi. Infine, la mia volta è giunta.
      - Ah! la comincia bene, sclamò Don Diego. Vediamo.
      - Io mi sono avvicinata alla lamina di ottone forata a grattugia. Io mi aspettava che il reverendo padre usasse meco come con gli altri, vale a dire non accostasse al graticcio che l'orecchio; tutto al più, io temeva di sentire il mio viso appestato dall'alito di un frate che digerisce male. Il mio sembiante era inondato di un soffio caldo, sano, giovane, profumato. Le mie idee cominciavano a turbarsi. Io non trovava più nè il teatro nè l'attore sui quali io aveva concepito il mio sistema di attacco e di difesa. L'incognito mi imponeva una nuova strategia. La quale...?
      - Sì, la quale?
      - Io era venuta decisa a parlare; presi immediatamente la risoluzione di ascoltare. Ciò mi dava il tempo di riflettere. Bisognava però che io aprissi il fuoco. Dopo aver biascicato un non so che, che aveva l'aria di un confiteor, gli dissi:
      Padre reverendo, io vengo qui per obbedire agli ordini di colui che mi vi manda, ma io non so proprio che dirvi.
      Chi è che vi ha ordinato di venire, figliuola mia? domandò il P. Piombini.
      Mio fratello, un prete come voi, che non transige sul compimento dei doveri religiosi.
      Egli ha ben ragione, figliuola.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





Padre Don Diego Piombini