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      I loro corpi non offrivano che un sottilissimo profilo, converto dal braccio piegato e ravvicinato al petto, pronto a parare il colpo. La lama del coltello era appoggiata al braccio ed il manico chiuso nella destra come in una morsa. A vederli così, si sarebbe giurato che al primo colpo quelle due lame andrebbero a conficcarsi nei due petti e che si raccoglierebbero quivi due cadaveri.
      I due combattenti fecero qualche finta per provare le loro forze. Gabriele si accorse che Filippo era agilissimo, e che se egli avesse voluto limitarsi alla difesa per profittare del di lui primo sbaglio, questi avrebbe potuto prevenirlo ed ucciderlo. Risolse dunque di sconcertare quell'attività inquieta con un attacco che obbligava Filippo a difendersi, e di fargli esaurire così, nella difesa, tutte le sue forze d'iniziativa. Gli era uno stornarlo e perderlo. Passarono pochi minuti in questi finti assalti, senza fiatare, gli occhi dell'uno ribaditi alla lama del coltello dell'altro.
      Fu un terribile momento.
      Gabriele mirava alla gola, Filippo al ventre. Si vide infine Gabriele proiettare in avanti il suo braccio sinistro, levandolo alto onde allontanare il coltello di Filippo od esserne ferito solo al braccio che gli serviva di scudo. Ma nel medesimo tempo avanzò il suo coltello dritto al cuore del suo rivale. Questi comprese questo colpo terribile, ed anzi che cedere alla tentazione di ferir Gabriele, fece un rapido movimento in avanti, di guisa che il colpo che andava a ferirlo giusto nel mezzo del fianco sinistro non gli traversò che la carne del dorso, scivolando sulle costole.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





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